Il termine cosmeceutico fu introdotto dal dermatologo Dr. Albert Kligman nel 1984 per riferirsi a prodotti che esercitavano benefici sia cosmetici che terapeutici. Il termine nasceva dalla combinazione di “cosmetico” e “farmaceutico” proprio ad indicare la natura ibrida del cosmeceutico. Scopri in questo articolo perché il “cosmeceutico” non esiste, cosa dice la legge italiana e come difenderti da queste bufale commerciali.
A dire che i cosmeceutici non esistono è il Regolamento Cosmetico Europeo (Reg CE 1223/09) che riconosce, in questo ambito, solo due categorie: quella dei cosmetici e quella dei farmaci:
- Cosmetico. Applicato su superfici esterne del corpo, denti e mucose, la sua funzione è quella di pulire, profumare, modificare l’aspetto e/o correggere gli odori corporei e/o mantenere in buono stato.
- Medicinale. Indicato per il trattamento e la prevenzione di malattie, è in grado di modificare le funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica o per l’esecuzione di un diagnosi medica.
Il Regolamento non prevede nessun “ibrido” (quindi nessun “cosmeceutico”). È chiaro quindi come la categoria dei cosmeceutici sia legalmente inesistente, ed è altrettanto chiara invece la sua collocazione puramente pubblicitaria, commerciale e di marketing che non rappresenta in nessun modo una classe, scientificamente riconosciuta, di prodotti topici.
I cosmeceutici non esistono secondo la legge italiana. Il termine arriva dagli USA, ma nel nostro mercato ha un’esclusiva valenza pubblicitaria.
Tanti gli esperti in materia che fanno una corretta comunicazione scientifica e hanno parlato dell’inesistenza dei cosmeceutici, come il dermatologo Prof. Antonino Di Pietro in questo articolo, la divulgatrice Elena Accorsi Buttini in questo video.
Il cosmeceutico è un cosmetico che ha un ottimo ufficio di pubbliche relazioni. (Elena Accorsi Buttini)
Infatti il termine “cosmeceutico” vuole proprio creare nel consumatore l’idea di un prodotto più attivo e più efficace, in grado di garantire risultati superiori rispetto a quelli di un semplice cosmetico: ma allo stato attuale legislativo, sembrerebbe una comunicazione misleading (ingannevole) per il consumatore.
A quanto pare il giochino “CEUTICO” funziona. Perchè dopo il COSMECEUTICO è comparso il FITOCEUTICO, il NATURCEUTICO, il BIOCEUTICO, il NUTRICEUTICO, il DERMOCEUTICO e chissà quali altre amenità si inventeranno le fantasiose menti del marketing. (Marco Tartarini)
In questo senso invito una riflessione: perché dare la nostra fiducia a chi volontariamente decide di comunicare in maniera poco trasparente facendo leva in maniera scorretta sulle nostre aspettative? Non sarebbe meglio affidare la nostra pelle (e i nostri soldi) ad aziende e professionisti che scelgono di parlarci in maniera chiara, limpida e lineare? Se il Regolamento Cosmetico Europeo dice che i cosmeceutici non esistono, perché aggettivare un dermocosmetico come tale? Viene da pensare… forse non ci sono altri aspetti da comunicare?
Insomma, i cosmeceutici in quanto tali non esistono, ed è un dato di fatto: si tratta di normali prodotti cosmetici che agiscono sulla superficie cutanea per migliorarne l’aspetto. Sembrerebbe lecito dubitare fortemente di chi vanta di essere un “cosmeceutico” in quanto non offre, nella realtà scientifica e legislativa, nessun valore aggiunto rispetto a tutti gli altri prodotti cosmetici.
Ecco anche un post di @thecosmeticregulator che spiega, in inglese, lo stesso concetto.
Riporto di seguito pure un interessante post di @cosmetimag che conferma la valenza esclusivamente pubblicitaria dei “cosmeceutici”.
Sotto questo post, c’è un commento della farmacista dott.ssa Maria Cristina Durante (su IG @pharmacri) che espone in maniera chiara e precisa: “A volte le aziende cosmetiche si arrogano il diritto di elevare, se così si può dire, i loro prodotti da cosmetici a cosmeceutici per il fatto che al loro interno ci sono degli attivi presenti in commercio come farmaci, per esempio il retinolo o l’escina. Tuttavia questo non deve indurre il consumatore a pensare che il cosmetico sia paragonabile, nella sua azione, al farmaco, dal quale differisce o per via di somministrazione (quella orale permette effetti sistemici senz’altro più rilevanti) o per concentrazione, che si traduce in un’azione farmacologica mirata per patologie precise”. Il punto toccato dalla Dott.ssa Durante è chiave: in chimica le quantità sono fondamentali. Percentuali diverse dello stesso attivo non hanno lo stesso effetto. Infatti il Regolamento Cosmetico Europeo permette certe sostanze solo in determinate concentrazioni per garantire al consumatore la sicurezza nell’utilizzo domiciliare e limitare l’insorgenza di effetti indesiderati. La stessa sostanza potrebbe sì trovarsi anche in un farmaco in concentrazioni maggiori, ma a questo punto il prodotto diventa un farmaco prescritto dal medico, il quale consiglia modo d’uso e posologia. Non ha quindi senso arrogare un normale cosmetico di essere un “cosmeceutico” perché contiene per esempio il retinolo, l’acido salicilico, l’escina, acido ialuronico o altri: questi ingredienti saranno sempre usati nelle percentuali previste dal Regolamento Cosmetico Europeo perché, appunto, sono sempre cosmetici.
È chiaro quindi che parlando di “cosmeceutici” non ci possono essere punti di vista: è un dato di fatto, non esistono. Purtroppo, tuttavia, si sente ancora parlare online di “cosmeceutici” in maniera ambigua: si ammette che non si possono definire in sedi scientifiche e ufficiali, ma per “comodità e praticità” (o forse interesse?) il termine si continua a utilizzare generando quindi molta confusione nei consumatori meno informati. E, aggiungerei, assumendosene le dovute responsabilità dato che spesso a parlarne sono aziende, professionisti e medici che quindi hanno un ruolo importante e fiduciario da parte del pubblico.